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Fiere del mio paese: storie di mercati

Fiere del mio paese: storie di mercati

Un tempo i giorni della fiera erano attesi da grandi e da piccoli ciascuno con motivazioni ovviamente diverse. Per i grandi era l'opportunità di acquistare finalmente l'agognato e necessario attrezzo di lavoro o l'utensile domestico, una bestia da soma o qualche animale da cortile, un càntero di terracotta o una "burnìa" per le olive in salamoia. Per i bambini si presentava l'occasione di poter ricevere un cavalluccio di cartapesta o un fischietto di terracotta o un tamburo di latta.
La fiera era molto attesa perché faceva parte di una festa più grande, in genere religiosa, ed era accompagnata da attrazioni e novità che venivano da lontano: un piccolo teatrino di burattini, la tenda della zingara che "indovinava la ventura", i piccoli nomadi che vendevano la "pianeta della fortuna" (fogliettino colorato col pronostico scelto a caso da un cassettino da un piccolo pappagallo in gabbia).

 

Una volta in molti paesi della Sicilia erano riservati degli spazi appositi affinché si potessero tenere con regolarità i mercati e le fiere. Piazza, non solo non faceva eccezione, ma addirittura vantava mercati del bestiame di risonanza nazionale e fiere famose per la quantità e la varietà delle mercanzie.
Da molti secoli venivano tenute a Piazza durante l'anno almeno tre fiere e l'occasione richiamava molti visitatori e acquirenti da tante località vicine e lontane.
Lo storico piazzese Giovanni Chiarandà nel 1654 scriveva che la città di Piazza fu città mercantile con tre fiere o mercati franchi per molti giorni. Menzionava così una fiera detta del SS. Sacramento che era franca di dazi per otto giorni prima e otto giorni dopo della festa del Corpus Domini. Questa antica fiera viene tenuta fino ai giorni nostri il 28 di Maggio e dura tre giorni appena, mentre fino agli anni trenta la fiera si protraeva fino all'otto di Giugno. La fiera di Maggio secondo una delibera decumana del 1840 si svolgeva dalla cantonera superiore della SS. Trinità alla cantonera del Vescovado (accanto al Duomo) e, per privilegio reale, era sotto il patronato della Chiesa Cattedrale.
Un'altra fiera antica, importante e piena di significati storici per la città era la fiera di Settembre che incominciava l'otto e si protraeva, almeno anticamente, per quindici giorni.
In verità tale fiera non si era tenuta sempre a Settembre, ma anzi, prima del 1615 essa (si chiamava "Fiera di S. Pietro") veniva aperta il 30 di Giugno e si protraeva per otto giorni "di franchezza". Il periodo non parve opportuno alla cittadinanza se fu necessario dover chiedere all' allora viceré Don Pietro Giron, Granduca di Spagna e Duca di Ossuna, di poterla spostare al primo di Settembre. E infatti nel mese di Luglio del 1615, durante un Generale Parlamento convocato a Palermo, fu formulato il "Placet" dimodoché non solo poté spostarsi la data, ma anche la località di S. Pietro. Il posto scelto fu la contrada di Bellia. Il Chiarandà ci racconta che "a due miglia dalla città verso tramontana vi è una gran pianura tanto più amena e vaga per le verdure, acque, bei giardini e alberi fruttiferi, quanto che viene addolcita dalla presenza di una immagine della SS. Vergine che, per avere inanti la porta della chiesa un gran piede di noce, viene detta S. Maria della Noce, non solo per le molte grazie, ma... ancora per la divotione di quasi tutta la Sicilia che concorre agli otto di Settembre per solennizzare la festa perloché il Magistrato impetrò dal Principe che fosse franco di ogni dazio chiunque venisse a comprare o vendere in quel mercato, per ispazio di quindici giorni, qualsiasi mercanzia. Provvidenza speciale di Maria Santissima si per onore suo, si anche per utile della sua Piazza". La fiera di Settembre che aveva una grande estensione, anche per il mercato del bestiame, era effettuata nel piano di Bellia della Madonna della Noce fino al piano di S. Giacomo (la chiesetta medievale di S.Giacomo presenta attualmente vestigia di sé davanti all'attuale cimitero nuovo). Questo avveniva non più tardi del 1840, anno in cui, regnando Ferdinando II°, fu spostata al Piano di S. Ippolito e in quella località venne tenuto fino a qualche anno addietro il mercato del bestiame, mentre per le altre mercanzie ormai da alcuni decenni il Comune ha preferito la zona del nuovo centro.
In passato un'altra importante fiera era quella di Ottobre che si teneva il 18 di quel mese ed era uno dei quindici mercati d'Italia come afferma l'Alegambe ed era chiamata Fera di Piazza e di S. Luca. Pare che fosse la fiera più antica, addirittura "istituita dal Conte Ruggero in memoria del Santo Vangelista Dipintore del prodigioso Vessillo, franca per quindici giorni". Nel 1840 le autorità amministrative decidevano di aprirla il 18 di Ottobre con durata fino al 1° di Novembre in ottemperanza alla Ordinanza dell' Intendenza della Provincia di Caltanissetta del 10 settembre di quell' anno. Si sa che per concessione reale era sotto il patronato della Compagnia dei Preti della Chiesa di S. Stefano che ne esercitava i diritti. La fiera di S. Luca si teneva nella odierna Via Um-berto detta "a strata a fera" fino al Largo S.Giovanni e Piano Teatini (oggi Piazza Martiri d'Ungheria). La consuetudine di tenere la fiera di San Luca a Piazza è testimoniata dal geografo arabo Idrisi che così scriveva intorno al 1150 nel "Libro di re Ruggero": "Piazza è un ben valido fortilizio, dal quale dipende un vasto contado, con terre da seminagione benedette (da Dio). Ha un mercato molto frequentato,..."
Fin dai tempi più remoti si teneva in ogni 24 di Giugno un mercato davanti alla Commenda dei Cavalieri di Malta in occasione della festa che i confrati celebravano per la Natività di S. Giovanni Battista. In quella piazzetta i vasai di Caltagirone vendevano una gran quantità di stoviglie e giocattoli e tutto quanto abbisognasse per le messi e per la trebbiatura. Per disposizione municipale tale mercato dopo il 1864 si cominciò a praticare nel Largo Teatini tra i due monasteri S. Giovanni e S. Chiara.
Nei tempi attuali il fascino della fiera di una volta non esiste quasi più. Esso è stato polverizzato dai mercatini che quasi ogni paese tiene settimanalmente. Altra ragione è che i negozi e i supermercati rigurgitano di merci varie, strane e anche inutili fino all'inverosimile. Nessuno ha bisogno più delle ingenue attrazioni e curiosità di una volta, ma se un tempo i mercati e le fiere servivano a far risparmiare denaro, in quanto calmieravano i prezzi, oggi non sembra più così. Infatti il "mercato del giovedì" per molta gente rappresenta un'occasione quasi obbligata per uscire dalla monotonia domestica, curiosare tra le bancarelle, incontrare amici con cui scambiare chiacchiere e cortesie e, solo per ultimo, a fare un po' di acquisti.
I tempi cambiano e con essi i bisogni, i significati, le magie.

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