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Dintorni

Gela

Gela

Per la sua posizione strategica, Gela fu ambita preda di tutti i conquistatori della Sicilia. Da sempre punto di riferimento per scambi e base di appoggio per tutti i paesi che si affacciano nel bacino mediterraneo, dell’antica Gela rimangono ancora i resti medioevali con le grandiose chiese, la cinta muraria e il Castelluccio, un castello federiciano che domina la piana a poca distanza dal fiume omonimo e dal centro abitato.
Sono di rilevante interesse archeologico i numerosi reperti conservati all’interno del Museo e i numerosi siti archeologici disseminati all’interno del suo territorio.

Caltagirone

Caltagirone

Caltagirone sorge a 611 metri su una cima dei Monti Erei che dal centro della Sicilia si sviluppano verso sud-est, saldandosi proprio qui con gli Iblei. La città si estende per le pendici a mezzogiorno di tale altura, avendo nel tempo inglobato la collina di San Giorgio a levante e poi quella adiacente di S. Francesco d'Assisi a cui fu collegata nel XVI secolo da un grandioso ponte.

La città, che attualmente conta circa 39.000 abitanti, è la seconda, dopo il capoluogo, della provincia di Catania, da cui dista 76 Km. per la strada rotabile e 91 Km. per ferrovia. La sua origine antichissima è testimoniata da reperti e documenti numismatici ed artistici che la rivelano come una delle numerose città sicane o sicule o greco-sicule. Anche nel territorio si sono rinvenute monete greche e sicule, oltre al ricco materiale ceramico e metallico che si trova presso il Museo Archeologico di Siracusa, i Musei Civici e il Museo della Ceramica di Caltagirone.

Testimonianze monumentali della remota presenza umana nella zona, sono le necropoli preistoriche della Rocca, della Montagna, del Salvatorello, delle Pille e gli abitanti siculo-greci di S. Mauro, Altobrabdo, Piano Casazze e altri...

Le emergenze più significative e rappresentative della ricostruzione sono:

la Chiesa di S. Maria del Monte, al termine della monumentale omonima Scala;
la Chiesa di S. Giacomo Apostolo, Patrono della città, una delle prime riedificate dopo il terremoto;
la Chiesa di S. Giuseppe, ai piedi della Scala di S. Maria del Monte, ricostruita su progetto di Rosario Gagliardi;
il vasto Complesso Conventuale dei Domenicani che, con la Chiesa di S. Domenico, crea uno spazio altamente scenografico contrapponendosi alla Chiesa del SS. Salvatore;
la Chiesa di S. Chiara anch'essa di Rosario Gagliardi;
la Chiesa del Gesù e il Convento dei Gesuiti;
la gagintesca Corte Capitaniate, realizzata tra il 1587 ed il 1601, raro esempio di architettura civile superstite alle distruzioni del terremoto del 1693;
il Carcere Borbonico, dell'architetto siracusano Natale Bonaiuto, uno dei più interessanti e preziosi esempi di tipologia carceraria settecentesca, oggi sede del Museo Civico;
il Monte delle Prestanze, anch'esso del Bonaiuto;
il Monastero di S. Stefano e la Chiesa annessa con le finte vetrate in maiolica;
il Convento e la Chiesa di S. Francesco d'Assisi, collegati alla città dal grandioso Ponte seicentesco, che incornicia il barocco Palazzo dei Principi di S. Elia;
il Tondo Vecchio, dell'architetto Francesco Battaglia;
il Teatrino, elegante e scenografico belvedere sulla città, costruito nel 1792 dall'architetto Natale Bonaiuto, attuale ingresso del Museo Regionale della Ceramica.

La Piramide di Pietraperzia

La Piramide di Pietraperzia

Il 19 Aprile 2002 è morto Thor Heyerdahl. Il suo nome è legato a grandi imprese da lui effettuate soprattutto navigando per gli oceani ed elaborando teorie suggestive e cercando di dimostrarle. Per dimostrare la teoria di un contatto tra il Sudamerica e la Polinesia questo ardito norvegese partì da Callao, in Perù, a bordo di una zattera come una divinità del Panteon Inca. Nel 1969 un equipaggio internazionale da lui diretto viaggiò su una barca fatta di papiro dalle coste nordafricane fino al Sudamerica. Egli era convinto che le civiltà antiche solo apparentemente erano separate da grandi distanze.

 Un giorno dello scorso anno Thor Heyerdahl fu interessato al sito di Cirummeddi e fu invitato da un appassionato di Pietraperzia (l'architetto Paolo Sillitto) a visitare la Piramide. Noi l'abbiamo visitata il 17 Marzo 2002 con il Gruppo Archeologico di Piazza Armerina e, incuriositi da un certo sottile fascino, ne abbiamo ammirato la sua misteriosa bellezza. Per Heyerdahl essa era un'antica sede del culto del sole e paragonabile ad una ziggurath mesopotamica. 

Nell'altopiano di Cirummeddi abbiamo notato una serie di acrocori naturali tra cui quello della piramide. Essa consta di un insieme di strutture megalitiche di probabile età neolitica, su cui sono inserite costruzioni successive fino al basso medioevo. L'aspetto è collinare e piramidale di altezza di circa 12 metri. La base della struttura, lunga 55 metri e larga 30,appare composta da tre ordini di gradoni mozzati verticalmente da quattro scalette intagliate attraverso cui si accede alle terrazze soprastanti, le quali sono comunque collegate da rampe a piani inclinati. Le scalette sono state osservate con l'ausilio di una bussola (1) e corrispondono ai quattro punti cardinali. Il monumento si presenta con due idee costruttive dalla forte connotazione simbolica: quella del cerchio (la sua circonferenza) e quella del quadrato (la pianta costruttiva dei piani superiori in esso innestata) (2).

Sulla sommità si trovano due costruzioni intagliate nella roccia calcarea che assomigliano ad altari in cui è inserito un sedile rituale che ci ricorda quello di Contrada Balati visitato nella mattinata. L'aspetto del monumento potrebbe indurre facilmente a credere ad un luogo di antico culto solare, tuttavia la prudenza (nonostante l'autorevolezza della teoria di Thor Heyerdahl) ci induce a non azzardare audacie interpretative. L'archeologo Emanuele Anati (3) ha studiato il sito di Pietraperzia ed ha affermato che l'area è stata colonizzata a partire dal neolitico. Va ricordato però che, nel maggio del 2000 (4) fu da noi interpellato sull'argomento l'archeologo Sebastiano Tusa, il quale era interessato ai rapporti tra morfologia e orientamento nelle architetture rurali siciliane dal IV al II millennio a.C., ma non ricavammo alcun consenso all'idea che il manufatto di Pietraperzia fosse più antico dell'epoca medievale. Per parte nostra va riferito che in una zona della piramide è presente muratura megalitica e che alla base dell'acrocoro attiguo è disseminata una notevole quantità di selce come scarto di industria litica. Tutt'intorno sono stati visti frammenti fittili che vanno dall'epoca classica fino a quella medievale.

Si ha notizia che è stata creata una collaborazione con l'Unione Europea e una partnership con studiosi di Tenerife per poter effettuare uno studio approfondito su tutta l'area. Inoltre uno studio stratigrafico verrà effettuato sotto la supervisione del Prof. E. Anati con l'ausilio di un pallone aerostatico per effettuare rilevazioni aeree su una più vasta area circostante. L'obiettivo è, data la presenza di numerose necropoli nelle vicinanze, la ricerca di un villaggio correlato al sito. E se il villaggio fosse la stessa piramide?

L'orientamento delle scale d'accesso non corrisponde, per la verità, esattamente ai punti cardinali, ma ne differisce per soli due gradi. Tale differenza forse rende conto del fatto che l'asse terrestre all'epoca della costruzione era leggermente spostato.
Anticamente il cerchio simboleggiava il tempo o l'immutabilità celeste; combinato col quadrato dava l'idea del cambiamento di ordine o di livello e dunque simboleggiava la terra.

Uno dei maggiori studiosi di arte rupestre preistorica. Ha fondato a Brescia in Valcamonica il Centro Camuno di studi preistorici, celebre in tutto il mondo. Suoi articoli si possono leggere sul sito www.artepreistorica.it.
In occasione della conferenza "La Sicilia e il Mediterraneo" tenuta da S. Tusa il 30 maggio 2000 a Piazza Armerina ed organizzata dal G.A. "Ibla Erea". Il Gruppo pubblicò il saggio di S. Tusa "Sole, astri e preistoria in Sicilia" tra cui Vicente Valensia Alfonso di Tenerife che ha già lavorato con l'Univ. del Maine nel sito spagnolo di Güimarr.

Museo Statale della Ceramica di Caltagirone

Museo Statale della Ceramica di Caltagirone

Il Museo della Ceramica Siciliana di Caltagirone custodisce al suo interno vaste e assai interessanti collezioni di ceramiche risalenti a svariati periodi storici.
Si possono ammirare nelle diverse sale espositive reperti che vanno dalla preistoria al XIX secolo, passando attraverso testimonianze siceliote, greche, romane, bizantine, medioevali e rinascimentali.
Una panoramica, dunque, articolata e completa che può guidare il visitatore lungo un percorso, anche didattico, molto aricolato ed interessante.
Il museo può essere suddiviso in tre grandi aree storiche: mondo antico, medievale, rinascimentale e moderna.

La ceramica calatina è rappresentata da reperti che vanno dal XVI al XIX secolo. I frammenti più antichi sono frutto di ritrovamenti locali. 

Interessanti sono le ceramiche preistoriche provenienti dalle contrade Angelo, Moschitta, Balchino e S. Ippolito. Altri reperti degni di nota sono le ceramiche greche a figure nere e rosse, veramente affascinanti, e le terracotte bizantine.
La sala numero quattro è quella che offre una ampia carrellata di ceramiche siciliane medievali risalenti ad un vasto periodo storico che va dal X al XV secolo. La sala numero cinque invece è quella che ci permette di capire anche le usanze siciliane e ricostruire gli ambienti di un epoca che va dal XVI al XVIII secolo. Al suo interno infatti sono custoditi oggetti di uso comune come lavabi e pavimenti fabbricati nei laboratori artigianali di Caltagirone.

Nel grande salone si trovano le testimonianze di tutte le più importanti scuole siciliane di ceramica: Caltagirone, ovviamente, Trapani, Sciacca, Palermo, Burgio e Collesano.
Il Museo inoltre custodisce stucchi risalenti a varie epoche, maioliche di ogni foggia, pannelli di diversi temi e provenienze, e terracotte che immortalano alcuni momenti storici o di vita quotidiana come il "Ritorno dalla campagna" o "la donazione dei feudi alla città di Caltagirone da parte del Conte Ruggero" del maestro Giuseppe Vaccaro Bongiovanni (XIX sec.).

Il Museo della ceramica siciliana si trova all'interno del Giardino Pubblico di Caltagirone sito in Via Roma

Tel: +39 0933 21680

Sito Web: http://www.poloregionalecatania.net/caltagirone_museo_it

Orari di apertura: 9-18.30
Biglietto: 2,50 euro intero, 1,00 euro ridotto

Passeggiata a Monte Manganello

Passeggiata a Monte Manganello

Tutto cominciò davanti ad un bicchierino di digestivo: “Papà, andiamo a raccogliere un po’ di funghi?” Con entusiasmo, e pure con un po’ di fretta, ci prepariamo; abbiamo infatti due ore scarse di luce e non vogliamo sprecare il poco tempo a disposizione. Paniere, coltelli, scarpe adatte e via!
Arrivati nel nostro boschetto “di fiducia” cominciamo la ricerca e con entusiasmo constatiamo che, nonostante sia gennaio inoltrato, i nostri amati tricholoma populinum (così li chiamiamo noi) sono presenti in abbondanza.
Finita la “battuta di caccia” con soddisfazione cerco di approfittare della presenza di mio padre per scoprire un posto a me sconosciuto: Monte Manganello. Avevo letto la scheda descrittiva di questo sito archeologico prima di pubblicarla sui portali www.cittadeimosaici.it e www.piazzaarmerina.org e sapevo più o meno dov’era, ma chi poteva svelarmi tutti i segreti e farmi “vivere” il sito meglio di chi lo ha scoperto e studiato? Lui, un po’ titubante per la poca luce rimasta mi dice: “vabbè, vediamo cosa riusciamo a intravedere”.

 

E allora inizio a guidare spedito per fare più in fretta possibile. Dopo pochi minuti arriviamo alle pendici settentrionali del monte; durante l’ascesa papà Sebi comincia a darmi qualche cenno sulla scoperta del sito e qualche notizia storica relativa al periodo preistorico, insomma informazioni utili per cercare di comprendere ciò che sta per essermi svelato. Dopo un po’ di tornanti sterrati e stradelle con vista mozzafiato (vi assicuro che superare i quaranta km orari è pura follia vista la mancanza di qualsiasi forma di guard-rail e la presenza di fango), arriviamo in una piccola radura, da cui si dipartono diverse stradelle. Lasciamo la macchina e cominciamo l’esplorazione. Ci dirigiamo verso una ripida discesa e Sebi mi fa subito osservare della terracotta informe e grezza e mi spiega che altro non è che il pavimento di una capanna facente parte di un piccolo villaggio preistorico. Incredibile! E se vi racconto come lui ha scoperto il villaggio probabilmente vi metterete a ridere: durante una raccolta di asparagi! Ed io che credevo che le scoperte archeologiche derivavano da avventure alla Tomb Raider o alla Indiana Jones oppure da interminabili ricerche da parte di “topi di biblioteca”…
Sassi e rocce senza alcun significato per un non addetto ai lavori si trasformano in macinelli, asce, percussori, raschietti e utensili vari.
Lasciamo il villaggio e iniziamo la salita di una collina. Arrivati quasi in cima Sebi fa soffermare il mio sguardo su delle rocce: ci sono grotte e, stupore, delle tombe, anch’esse preistoriche.
Mentre mi emoziono come un bambino, cerco di andare indietro nel tempo per capire come quattro o cinquemila anni prima vivevano queste popolazioni. Immaginate delle persone che, senza l’ausilio di corrente elettrica o di altre forme di energia e combustibili se non il fuoco per scaldarsi, creano tutto ciò che gli serve con la forza dei loro muscoli. Ma ci pensate che significa scavare una tomba nella roccia a colpi di pietra? Infatti in quel periodo l’uomo non era ancora in grado di costruirsi utensili di metallo. Gli utensili erano durissimi pezzi di roccia granitica o basaltica o calcarenitica ricavati da pezzi più grandi che, sempre con fatica, venivano modellati a furia di interminabili molature e levigature. Nel frattempo bisognava pensare a procacciarsi il cibo, cosa sicuramente non semplice. Certo oggi abbiamo doppiette infallibili, ma allora si cacciava con lance e frecce. Mi viene da ridere immaginando i boriosi cacciatori odierni cacciare con frecce e lance, mi sa che gli unici conigli e cinghiali che riuscirebbero a catturare sarebbero quelli morti…dalle risate! Ma quelli erano davvero altri tempi.

Arrivati in cima all’altura vengo assalito da una strana sensazione, di fronte a me vedo il vuoto, vedo il verde di una vallata che scende giù fino a confondersi con le acque del lago Olivo e dei prati Montagna di Marzo; e poi vista a perdita d’occhio da Enna verso Caltanissetta, Pietraperzia e Barrafranca. E che meraviglia la corona di alture attorno al nostro monte Manganello: Rossomanno, Balatella, Montagna di Marzo, Ramursura, Polino, fino ad arrivare alle bianche cime innevate del lontano Mongibello.
Ci sediamo qualche minuto su dei “balconi” naturali di roccia a contemplare questo spettacolo, inebriati dai profumi ancestrali che emana tutto ciò che ci circonda. Chiudo gli occhi e immagino la sottostante Montagna di Marzo che pullula di gente, vasai che lavorano la terracotta, fabbri che fondono i metalli per forgiare armi e armature o monete e gioielli, donne che filano per mezzo dei loro rudimentali telai, mercanti arrivati da terre lontane per scambiare o vendere merci, magari per mezzo di barconi attraverso il fiume Olivo (probabilmente navigabile all’epoca).

Lasciamo quest’altura per raggiungere in cinque minuti la cima più alta di Monte Manganello. È qui che si trova “l’Occhio di Sauron”. Tranquilli, non state leggendo un racconto di Tolkien, questo è l’appellativo scherzoso che ho dato a una torretta della forestale che sovrasta mezza Sicilia dall’alto del monte. Mi ero sempre chiesto il perché dell’esistenza di questa torretta proprio quassù e ora l’ho capito. Il paesaggio è mozzafiato, quasi a 360°: oltre alle località già viste prima dal Cozzo Comune riusciamo a scorgerne altre: il mare, Gela, Monte Formaggio, San Michele di Ganzeria, Caltagirone e Comiso o Vittoria! Il tutto condito, all’imbrunire, dalla visione di una splendida mezzaluna e dalla brillante luce di Venere. Probabilmente da qui si riusciva a comunicare con la costa per mezzo di segnali di fumo o col fuoco durante la notte. Incredibile, ma vero. E non è facile descrivere le emozioni che si provano di fronte a uno spettacolo del genere. L’uomo non è più abituato a visioni di questo tipo, ingabbiato com’è da grigi edifici di cemento, non è semplice ai giorni nostri spaziare con lo sguardo per centinaia di chilometri. Siamo così abituati alla frenesia della vita moderna che non abbiamo più l’abitudine a ricercare le cose belle della vita. Io penso che chi abitava questi luoghi contemplava per ore ed ore questo spettacolo (allora per fortuna non c’erano le TV a rimbambire i cervelli), probabilmente ringraziando i loro Dei per averglielo donato. Mi chiedo: è questo il progresso?
Scusate, qual era il titolo di questo articolo? “Passeggiata a Monte Manganello”? Allora cosa sto farfugliando, sono impazzito o è questo Monte che mi ha colpito nel profondo dell’animo? Boh, fate voi, ma un consiglio, prima o poi andateci e fatemi un favore: non buttate a terra nemmeno una cartuzza perché il Monte è pulitissimo da millenni e sarebbe giusto che rimanesse così!

Parco Culturale Rocca di Cerere - Enna

Parco Culturale Rocca di Cerere - Enna

Cosa è l'European Geoparks Network? E' una rete tra territori rurali, il cui patrimonio geologico deve esprimere qualcosa di eccezionale in termini di interpretazione e rappresentazione della storia della Terra negli ultimi 4.000 milioni di anni.

Per chi sono?
Per chiunque sia interessato a conoscerne i luoghi, la loro storia e le loro bellezze.

Rappresentano solo rocce?
Non solo, illustrano anche ciò che la gente ha tratto e fatto di questi luoghi, con i propri usi e le proprie tradizioni, dal paleolitico sino ai nostri giorni.

Il Network europeo è stato fondato nel 2000 da quattro territori. Al 2005 conta venticinque membri ricadenti in dieci nazioni europee, oltre a numerose altre candidature in corso di valutazione.

www.europeangeoparks.org

In collaborazione con l'UNESCO, il Network ha definito gli standard di eccellenza del modello europeo a cui devono assoggettarsi i territori che vogliono aderirvi come nuovi membri. Ogni membro, ispirandosi ai principi dello sviluppo sostenibile, partecipa alla politica comune del Network e dell'UNESCO per la diffusione e la promozione del geoturismo in ambito europeo e mondiale. I Membri dell'European Geoparks Network fanno parte di diritto del Global Geoparks Network istituito dall'UNESCO, che conta attualmente altri 12 territori in Cina.

www.unesco.org
www.worldgeopark.org

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