

Tortura (da: torcere, piegare), era quindi il complesso di forme di coercizione fisica o morale inflitte specialmente a un imputato o al testimone, per indurlo a confessare o a deporre in modo attendibile (o di convenienza – diremmo noi – per gl’inquisitori) in uso dall’antichità all’Ottocento. Si distinguevano in: tortura lieve, della durata di sette minuti; in mediocre di trenta minuti; in acre, di un’ora più il tempo necessario a recitare un Miserere, sempre quando, sotto il supplizio, il martire rimaneva ancora in vita.
Alcuni tormenti gradualmente cadono in disuso o espressamente vengono aboliti, quali: "Il tormento del velo, che lungo palmi quattro, e bagnato tenendosi a forza, aperta la bocca del reo, con istrumento di ferro, pian piano coll’acqua, che gli si dava a sorso, tutto li si facea inghiottire, finché giungesse al fondo dello stomaco, dove giunto, li veniva strappato dal carnefice, e per lo più il reo soffocavasi: onde come troppo periglioso alla vita umana fu tralasciato".