
Creato da Federico II nel XII secolo per combattere sette considerate eretiche come i valdesi, i paterini e i circoncisi, il Tribunale dell'Inquisizione in Sicilia iniziò a far sentire la sua tragica presenza a partire dal 1487: da questa data in poi, infatti, il famoso Torquemada inviò nell'Isola inquisitori dalla Spagna e rese il Tribunale una vera e propria istituzione la cui sede ufficiale divenne Palazzo Chiaramonte a Palermo. Così l'Inquisizione divenne presto per i re spagnoli uno degli strumenti più efficaci per tenere in soggezione l'intera Isola grazie anche alla nobiltà siciliana che, contando numerosi suoi membri tra i funzionari laici del Tribunale, collaborava attivamente, in cambio di numerosi privilegi, a preservare l'ortodossia politica e religiosa.
Per estorcere le confessioni di eresia si praticava la tortura, e se le vittime nel frattempo morivano si riteneva che ciò fosse accaduto per colpa loro o per giudizio di Dio. La bestemmia poteva meritare cento frustate, il taglio della lingua oppure il seppellimento.
La stregoneria, la bigamia e la perversione sessuale erano tra i reati più frequentemente giudicati da questi Tribunali, che non tralasciavano neppure l'aspetto -mondano- delle esecuzioni: sembra, infatti, che durante le impressionanti cerimonie venivano distribuiti anche pasticcini e bibite rinfrescanti alle gentildonne siciliane. Alle violenze ed ingiustizie perpetrate in nome della morale religiosa si aggiunsero poi la corruzione e l'avidità dagli stessi inquisitori che, in virtù della loro appartenenza al Tribunale, non potevano essere giudicati dai tribunali ordinari: certi così dell'impunità, si macchiavano di gravissime colpe e fomentavano i disordini più gravi. Ma gli abusi e l'enorme potere acquisito dagli inquisitori, che si arricchirono soprattutto attraverso la confisca dei beni delle vittime del Tribunale, crebbero a dismisura tanto che sul finire del 1500 anche Madrid iniziò a porre dei limiti a questo Stato parallelo che governava la Sicilia.
Per assistere alla fine definitiva del Tribunale, tuttavia, si dovrà aspettare il 1782, anno in cui il viceré Domenico Caracciolo avvierà un radicale programma di riforme nell'Isola partendo proprio dall'abolizione di uno dei simboli più significativi del vecchio regime. L'anno successivo il re fece bruciare tutte le carte dell'Inquisizione: in un rogo che durò un giorno e una notte vennero così cancellate le pagine di uno dei periodi più oscuri che visse mai la Sicilia.