IT EN FR DE ES

Piazza Armerina

Poesie e Racconti

Cornici vuote

"Cornici Vuote" sarebbe dovuto venire alla luce (promessa dell'autore) sul finire dell'anno 2000. Aveva detto: "A Natale, brinderemo ad un successo o ad un flop. Ma vi assicuro che brinderemo!" Bugiardo! Un bugiardo: ecco cos'è il nostro autore, il giornalista e scrittore Lillo Marino. Il nostro non ha mantenuto la promessa e, già a marzo del 2001, a chi gli chiede a che punto è "Cornici Vuote" fa ancora orecchio da mercante. Che il reo paghi il suo fio! Come? Pubblicando, in anteprima assoluta, all'insaputa dell'autore, alcuni brani del libro che sarebbe dovuto nascere nel dicembre del 2000, e che, invece, giace chissà dove. C'è di più: vogliamo essere perfidi fino in fondo. Noi sottoponiamo all'attenzione dei visitatori del nostro sito "i brani" che pubblichiamo e chiediamo di esprimere, scrivendoci, un loro giudizio. Insomma, tanti nuovi critici letterari! E così, il nostro pigro autore potrà sapere se il suo libro (ammesso che veda la luce) sarà un flop o un successo.

(…) A Centova, appena fuori Porta, sorge la splendida villa nella quale vivono Giacinto Morelli e la moglie donna Alessandra. Il corpo di fabbrica, costituito dal palazzo che fu dei conti di Acqua Dolce, ha mantenuto sostanzialmente la sua configurazione originaria in tutte le sue elevazioni; lo affianca, formando un tutt'uno armonico, un nuovo corpo di fabbrica arricchito da colonne in marmo di Billiemi. Il primo e secondo piano della zona di ampliamento sono destinati a saloni di rappresentanza che si affacciano sull'antico ingresso del nucleo originario e sul cortile con i loggiati. Una grande piscina coperta è stata realizzata sul lato est del caseggiato. Tutt'attorno piante di ginepro, rosmarino, gelsomino, anemoni, margherite, more e mirtilli. Un largo vialone, delimitato, ai lati, da alte siepi di bosso, collega la strada nazionale alla villa. Questa contrada fuori Porta, Centova, era chiamata, ancora un decennio fa, Monastero; non tanto perchè in quel posto non fosse mai esistito un Convento, ma solo perchè vi sorgeva un cascinale a disposizione degli ospiti, in tutte le ore del giorno e della notte. L'abitava, da chissà quanto tempo, ma certo fin dalla giovane età, certa Rosalina (Lina, per gli amici) la quale si era dedicata con l'anima e col corpo (più con questo che con quella) a indicare alle giovani leve - dai sedici in su - nuove strade, iniziandole, con appassionata dedizione e con somma maestria, al diletto - non più solitario - dei trastulli amorosi.
Insomma, una nave scuola sulla quale potersi imbarcare, ventiquattro ore su ventiquattro, senza soluzione di continuità. Ed era con i proventi di questa benemerita sua attività che donna Lina aveva trovato i mezzi per il suo sostentamento, fino al giorno della sua morte.
Andata a fondo la nave scuola, finite le visite d'apprendimento al casolare del diletto, la contrada cadde nell'oblio. Senza più il via vai rumoroso e divertito dei ragazzi, la campagna si intristiva sempre più: anche gli uomini del contado si intristivano sempre più! Di "Monastero" si perdette il nome. Poi - alcuni anni dopo il triste declino - accadde che un contadino, che transitava per quel posto, scorgesse una gallina che, in men che non si dica, depositò, nel bel mezzo d'un viottolo di campagna, tre uova, uno dopo l'altro. Stupefatto, il bravuomo, si impadronì della gallina e delle uova e si avviò per la sua strada, senza lasciarsi sfuggire l'occasione di informare, quanti incontrava, del prodigio cui era stato spettatore. La notizia dello straordinario avvenimento si diffuse in tutta la contrada; del numero delle uova, depositate dalla gallina prodigio, si andava via via perdendo il conto. E, quando la buona novella giunse in città, le uova avevano raggiunto quota cento. Fu così che la contrada, un tempo nota come "Monastero", prese il nome di "Centova". (…)

(…) Fa salotto la marchesa, mentre in Consiglio comunale si discute sul contenuto della delibera della quale lei si ritiene ispiratrice e madrina. E' impaziente e timorosa, anche se è certa di avere dalla sua parte qualche consigliere dell'opposizione. Ma che fine farebbe la delibera, se, poi, vi fosse qualche ripensamento o una repentina crisi di coscienza? L'ammonimento di San Matteo "Nemo potest duobus dominis servire" è pur sempre un impegno morale per tutti: anche per i suoi momentanei alleati! Meglio non pensarci. Alessandra freme, nell'attesa del messaggio liberatorio, ma agli ospiti, impassibile, elargisce ampi sorrisi e calorosi gesti di cortesia. E di gradimento. Nessuno si è sottratto all'invito di prendere parte a quell'incontro, fra amici, voluto dal sindaco e dalla marchesa. C'è l'Eccellentissimo Vescovo della Diocesi, Fortunato Ernesto Castorina, in odore di porpora cardinalizia. Lo accompagna il fedelissimo segretario, don Vincenzo Di Leo, in un attillato clergyman con giacca e pantaloni grigioscuri, con pettorina nera e collare bianco. E' un bel giovane, con fattezze di atleta e con un volto decisamente da copertina. Insomma uno "schianto", come è di moda dire. C'è donna Elda Calvaruso, accompagnata dal marito, medico della Mutua, e dalle due figliole, gemelle diciottenni, non particolarmente belle e, anzi, piuttosto scipite.
Fra gli invitati, si aggira, come un falco in cerca della preda, l'imprevedibile e bizzarro Giangiorgio Licata che, da recente, ha perso, in un incidente d'auto, la giovane moglie, Annette Gutreraux, una cittadina francese che aveva conosciuto a Bordeaux dove aveva celebrato le nozze che, si diceva, erano state sontuose.
Aveva amato Annette di un amore profondo ed era stato ricambiato con la stessa intensità e passione; ma sull'amore, alla fine, era prevalsa la bizzarria di Giangiorgio che, sulla lastra di marmo che copriva la bara della moglie, aveva fatto incidere, in francese naturalmente, l'epigrafe et pour le mie: "Ci-git ma femme: oh qu'elle est bien, per son repos et pour le mien" (Qui giace mia moglie: oh! come sta bene qui per il riposo suo e per il mio). C'è, ancora, il sempre verde barone Ganci,proprietario della testata del quotidiano locale, che osserva, ascolta, indaga: deformazione professionale! E' un patito della cucina mediterranea che esalta appena ne ha l'occasione; si capisce il perchè del suo fisico ancora asciutto e scattante.Ha gli occhi azzurri, feroci e spietati come un vecchio lupo di mare ed, invece, è un uomo disponibile, generoso ed aperto alle amicizie. Compiaciuta, la marchesa si aggira per gli ampi saloni ma attende che il telefono squilli : la delibera, oddio, la delibera! Quando torna a far scorrere lo sguardo sui presenti, ha un improvviso sussulto e un leggero rossore le imporpora con discrezione il viso: ha scorto, solitario, tra la folla, un giovanotto che l'affascina e l'attira. Non deve avere più di vent'anni. Incede verso di lei. Com'è alto! I suoi capelli biondo cenere splendono, alla luce delle lampade, come fari. Ha occhi freddi come quelli di un felino,luminosi come quelli d'un falco,del colore del miele. Ha un fisico forte e possente.
Non lo ha mai visto prima. "Chi è?" si chiede la marchesa. Ha la risposta da lì a poco: il ragazzo le si fa incontro. E' davanti a lei in tutto il suo splendore. La marchesa gli porge, tremante, la mano quasi cercasse il tiepido contatto delle labbra dell'ancora ignoto ospite.
"Sono il marchese Marco Consalvo di San Felice. Lieto di conoscerla, madame, e di avere la fortuna di essere ospite in questa sua splendida villa!".
"Madame" è colta da un fremito che non sa dissimulare. Un identico fremito scuote il ragazzo che osserva, ammirato, le forme flessuose della donna e il rigoglioso seno che si offre ai suoi occhi. Con la fantasia, che va a briglie sciolte, l'una ha già spogliato l'altro.Sono nudi, lì, davanti a tutti.
"Venga, mio giovane amico: le mostrerò la villa!". Gli afferra la mano e lo trascina via dalla grande sala e dagli ospiti. I suoi occhi sono persi in un mare di passione.
"Ora! Subito. E al diavolo,tutti!". "E se tuo marito venisse a saperlo?" – chiede, più tardi, Marco, turbato e felice. "Oh, lo saprà! Lo saprà!" -ribatte lei, atteggiando le labbra in un sorriso malizioso e di sfida- "Lui ha le sue puttanelle. Io ho il mio bel boy-friend!". Si ricompongono senza alcuna fretta, e mano nella mano, tornano fra gli ospiti. Per quel giorno, la visita alla villa è finita. Ma non sarà l'ultima.
"Cos'è guardarti!" sussurra donna Alessandra al suo giovane amante, steso sul grande letto matrimoniale in tutta la sua sensualità prorompente. E' nudo, esposto allo sguardo voglioso di lei.Alessandra, a seno scoperto, con le gambe avvolte nel bianco lenzuolo di lino, che non cela ma evidenzia l'elegante immagine delle cosce ben tornite, freme di desiderio. Giace appoggiata su un fianco e sorregge il capo con la mano sinistra chiusa a coppa sul viso.L'altra mano, vogliosa e ardita, scorrere lentamente sul corpo del ragazzo ormai nel vortice dell'estasi, del desiderio, dell'eccitazione.
"Cos'è toccarti ! Cos'è toccarti!". Le parole sgorgano impetuose e provocatorie dalle labbra di Alessandra sempre più vicine, sempre più vicine a ciò che le offre, prepotentemente, il giovane amante. Alessandra non sa, e non vuole, frenare la sua sconvolgente bramosia e si china, con irrefrenabile, selvaggio furore, sul giovane corpo ignudo e fremente di Marco. "Non così! Non così!" invoca, delirante, Marco. Alessandra gli attanaglia le cosce e continua. E' così che deve andare. E' così che va ! Se solo sapesse - riflette Marco - che sono alle mie prime esperienze! Il ragazzo è impacciato, intimidito. Confuso; ma è anche ancora eccitato.
"E' stato bello!" esclama, come se si fosse all'improvviso svegliato da un sogno impossibile; teneramente attira a se Alessandra e posa le sue labbra su quelle di lei. E' Marco, ora, a condurre il gioco ed a trascinare, nel vortice del piacere, la donna sul cui corpo vellutato lascia scorrere la sua lingua vogliosa e sempre più audace. Eccoli, a passione sopita, distesi, ancora ebbri di piacere, mano nella mano. Si tengono vicinissimi, le teste appoggiate l'una all'altra. I loro sguardi sono persi in immagini di incanto,come se attorno a loro non ci fossero più pareti,come se il soffitto fosse sparito: bianche nuvole che si inseguono nel cielo,come in un gioco di bambini, prati cosparsi di fiori, le acque di un fiume che risplendono al sole.
Si è fatto scuro quando finalmente decidono di rivestirsi. Alessandra avvolge il corpo nudo in una vestaglia color fuxia stampata a fiorellini multicolori. Marco raccoglie i suoi indumenti, sparsi sul lucido parquet, e li indossa lentamente, forse controvoglia. Alessandra si stringe a lui e lo tiene abbracciato come se temesse che qualcuno potesse portarglielo via. Non aveva mai provato emozioni così intense: un misto di meraviglia e di riconoscenza che le aveva fatto scoprire un mondo di cui non aveva mai sospettato l'esistenza. "Su,devi andar via" lo esorta a bassa voce. "Grazie" mormora Marco, mentre le prende la testa fra le mani e l'attira dolcemente contro la spalla. Vuole assaporare quell'esperienza fino all'ultimo attimo.
Sull'uscio, Alessandra avvicina la mano sul volto del ragazzo e si abbandona in una lunga carezza, con mani gentili, sicure, affettuosamente possessive. E' colta da un fremito di piacere nel ricordo della voce di Marco che descriveva il suo corpo,facendola sentire orgogliosa di possederlo. Quando Marco se ne va, e percorre il breve tratto di viottolo che lo separa dall'auto, Alessandra lo accompagna con gli occhi scintillanti, ancora sconvolta dal tumulto erotico non sopito e prova una fitta di selvaggio desiderio. (…)

(…) Il dottor Morelli sta seduto dietro la scrivania a lavorare con apparente calma, dettando delle annotazioni al registratore che gli consente di ridurre quei contatti umani che, da qualche tempo, gli risultano sempre più disgustosi, quasi nauseanti. Ha persino preteso che lui e Alessandra dormissero in camere separate, adducendo a giustificazione, di avere il sonno così leggero da non poter dividere il letto e la camera con un'altra persona. Alessandra non aveva fatto una piega a quella decisione inattesa del marito. Giacinto Morelli ricordava perfettamente ogni particolare di quel breve colloquio con Alessandra. Aveva lavato il rasoio e aperto i rubinetti della doccia. Era entrato nel box, si era insaponato ed aveva aperto al massimo l'acqua fredda. L'aveva richiusa ed aveva preso l'asciugamano; poi, continuando a massaggiarsi, si era avvicinato al letto sul quale, tra le lenzuola, era distesa Alessandra, ancora insonnolita.
"Eri irrequieta questa notte. Io non ho chiuso occhio" le aveva detto con voce stanca.
"Oh, caro!"
"Se provassimo a dormire in camere separate?"
"Certo, caro!"
"Nulla in contrario?"
"No, caro!"
"Vuoi occuparti tu della nuova sistemazione?"
"Si, caro!"
Morselli sorride soddisfatto e riprende a lavorare con quell'aggeggio che raccoglie le sue parole.

L'ufficio è azzurro ghiaccio, l'aria condizionata è fresca, l'arredamento dona una sensazione di eternità e di solidità, associate a una grazia sottile e a un'eleganza raffinatissima. Le persiane e le travi sono di autentico legno di manzonia e le finestre sono tutte piombate a mano. Giacinto è assorto nei suoi giochi di prestigio di cifre, risultati, stime e programmi; la sua voce, ferma ed alta, copre anche il debole ronzio del registratore. Sotto, sotto prova un senso di inquietudine. E' in attesa di qualcuno o di qualcosa che deve accadere e il segno esteriore della sua agitazione è il movimento delle dita della mano destra che scorrono avanti e indietro sulla coscia mentre lavora: un gesto carezzevole e narcisista. Quando il telefono riservato squilla, il movimento delle dita si interrompe: lascia che l'apparecchio continui a squillare, poi spegne il registratore e solleva il microfono.

"Sono Morelli. E' lei,dott. Lo Nero?



Letto 17007 volte
Image

PiazzaArmerina.Org

Un portale realizzato e gestito da:
StudioInsight.it, P.Iva 01089460867

Partnership

Supporto

Hai bisogno di aiuto?
Contattaci